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Petrolio. La seconda guerra mondiale

La presenza britannica nell'area mediorientale e quella russo dei giacimenti nel Caucaso furono tra le prime preoccupazioni del terzo Reich di Hitler. L'indipendenza dal petrolio straniero era uno dei principali punti del programma quadriennale di Hitler nel 1936. Furono investite grandi risorse e mezzi nella produzione dei carburanti sintetici e nell'idrogenazione. Il programma consentì alla Germania di rifornire i mezzi militari durante l'invasione della Francia e della Polonia senza dover dipendere dall'importazione di petrolio dalla Russia o dal Medio Oriente britannico.

La guerra alla Russia fu un avvenimento quasi inspiegabile. Nel 1939 la Germania e la Russia avevano stretto il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov, prima dell'inizio del secondo conflitto mondiale, che metteva al sicuro la Germania dal dover sostenere l'impegno militare su due fronti opposti. In questo modo le due potenze si spartivano pacificamente i territori polacchi. Eppure fu proprio Hitler nel 1940 a organizzare l'invasione della Russia. Tra i motivi che giustificarono la guerra ci fu anche il petrolio del Caucaso. Le truppe tedesche miravano al controllo dei giacimenti di Baku per sostenere i rifornimenti alle proprie armate. Dalle zone del Caucaso le truppe tedesche avrebbero potuto ricongiungersi con le altre armate italo-tedesche di Rommel in Africa settentrionale e invadere l'area mediorientale britannica. Un progetto ostacolato dalla forte resistenza russa e delle truppe britanniche stanziate in Africa costantemente rifornite di petrolio dalle retrovie merdiorientali.

Il controllo del petrolio era al centro degli obiettivi strategico-militari anche del Giappone. Il Giappone dipendeva esclusivamente dall'importazione di petrolio dagli Stati Uniti e dalle Indie Olandesi. Durante l'invasione dei territori cinesi le truppe nipponiche si posero come obiettivo strategico la conquista dei giacimenti petroliferi delle Indie Olandesi. Un piano ostacolato dal governo americano che minacciava l'intervento militare statunitense in caso di aggressione all'Indocina. A tale scopo la flotta militare americana era stata spostata e concentrata nell'avamposto più a occidente degli Stati Uniti, a Pearl Harbor. Il governo americano temeva il ritiro delle truppe inglesi dall'estremo oriente. Un ipotesi che avrebbe consentito al Giappone di avanzare fino alla completa occupazione militare delle risorse petrolifere asiatiche.

Già negli anni '30 il governo giapponese aveva emanato una serie di leggi per imporre sul mercato interno il controllo diretto del petrolio. Venne imposto alle compagnie petrolifere straniere il mantenimento di ingenti scorte e la totale dipendenza dal governo nipponico per la determinazione dei prezzi di vendita finali. Le compagnie angloamericane protestarono presso i rispettivi governi e il governo britannico propose l'attuazione dell'embargo petrolifero ma gli Stati Uniti decisero di non seguire una linea e preferirono mantenere un dialogo diplomatico con Tokyo. Pertanto gli Stati Uniti continuarono a vendere petrolio al Giappone anche durante l'invasione nipponica della Cina. In cambio veniva chiesto espressamente al Giappone di non invadere l'Indocina.

L'invasione giapponese dell'Indocina nel 1941. Soltanto con l'invasione nipponica dell'Indocina nel luglio del 1941 gli Usa, la Gran Bretagna e il governo olandese in esilio decisero l'embargo petrolifero.Il Giappone perse di colpo l'intera fornitura di petrolio. Le trattative diplomatiche tra Usa e Giappone per giungere alla riapertura degli scambi commerciali furono vane. Il giorno 8 dicembre 1941 i vertici militari nipponici attuarono il piano dell'attacco a sorpresa a Pearl Harbour mettendo fuori uso la flotta americana.

La conquista dell'Indocina era il nodo strategico per estendere il controllo giapponese anche sulle Indie Olandesi, ricche di giacimenti petroliferi. Il Giappone giocò la carta del tutto per tutto.

L'entrata in guerra degli Stati Uniti rovescerà le sorti del conflitto anche in Europa dove le forze russe e britanniche, costantemente rifornite di petrolio dalle retrovie, avevano finora ostacolato con successo l'avanzata italo-tedesca in Russia e in Africa settentrionale.

Il nuovo ordine mondiale. La fine della guerra vide la definitiva uscita dalla scena del Giappone e della Germania. I paesi vincitori della guerra imposero un "nuovo ordine" mondiale. Le compagnie petrolifere americane si estesero nei grandi bacini petroliferi mediorientali dove, per l'occasione, veniva escluso l'accesso ai francesi della Compagnie des Pétroles. La crescita della domanda di petrolio negli USA spinse il governo di Washington ad appoggiare appieno l'interesse delle compagnie petrolifere americane. In breve tempo le Sette Sorelle, principali compagnie petrolifere angloamericane, controllarono oltre l'80% della produzione e della raffinazione mondiale del petrolio. I paesi europei, completamente distrutti dalla seconda guerra mondiale, divennero sempre più dipendenti dal petrolio mediorientale e dalle compagnie petrolifere americane che ne gestivano gli scambi commerciali internazionali.


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